Siracusa fu una delle prime città della Sicilia orientale ad accogliere gli ebrei fino alla fine del 1492, quando dopo un lungo periodo di serena convivenza dovettero lasciare l’isola. Da Siracusa partirono da mille a tremila persone su 12-14 mila abitanti. Si svuotò l’intero quartiere della Giudecca sull’isola di Ortigia. Nel quartiere di Acradina, rimasero il loro cimitero e gli ipogei funerari che hanno restituito iscrizioni e lucerne decorate con la menorah.
Il quadrilatero delimitato a ovest da via della Giudecca, a sud da via Larga, a est dal mare, tagliato da strade parallele: via dell’Olivo, i vicoli I, II, III, IV Giudecca, il vicolo dell’Arco e la via Minniti forma il quartiere della Giudecca, che ha mantenuto lo stesso reticolo viario di allora: case basse, a uno o due piani, l’ospedale, il bagno rituale, la sinagoga (dove c’è oggi la chiesa di San Giovanni Battista), chiamata con il termine arabo meschita.
Il cimitero medievale era in un terreno vicino al Porto Piccolo preso in affitto dal vescovo di Cefalù. Dopo l’espulsione, le lapidi funerarie furono usate per costruire i baluardi dello stretto che separa Ortigia dalla terraferma. Alla fine del secolo scorso, quando i baluardi furono demoliti, si trovarono delle lapidi ebraiche che erano state riutilizzate nella loro costruzione. Di queste quattro sono conservate nel cortile della Galleria regionale di Palazzo Bellomo (via Capodieci, 14-16, per informazioni e visite: http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/palazzobellomo/info.html). Altre sono state aggregate a quelle recuperate dal mare negli anni ’50, in totale 15 (ora molto rovinate) e sono state collocate nel vialetto d’ingresso alle catacombe di Vigna Cassia. Il Museo archeologico regionale Paolo Orsi (viale Teocrito 66, per informazioni e visite: http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/museopaoloorsi/info.htm) espone in una apposita vetrinetta iscrizioni funerarie e lucerne con la menorah e laminette magiche di ispirazione ebraica.