Antico insediamento già presente all’epoca di Gregorio Magno, fu visitato e descritto da Beniamino da Tudela durante il suo viaggio verso Gerusalemme. Verso il 1280 il mistico spagnolo Abraham Abulafia vi fondò un centro di Cabala estatica che richiamò in seguito insigni studiosi.
Il gruppo ebraico messinese contava nel 1171 circa 200 famiglie, nel 1453 circa 180 e più di 2400 persone al momento dell’espulsione (1492). Si occupava della trattura e filatura della seta, della lavorazione dei metalli, della concia delle pelli, della tintoria ed era particolarmente attivo nei commerci. Gli ebrei messinesi oltre a trafficare tutti i prodotti che producevano erano particolarmente attivi nel commercio di panni e spezie e in minor misura di schiavi e zucchero. Inoltre, tra le grandi famiglie della comunità si distinguevano varie dinastie di medici (in particolare i Bonavoglia e i Faccas). Gli ebrei si concentravano nella Judayca, quartiere situato nella Vetus Urbs, tra il Duomo e il torrente Portalegni. L’area fu inglobata nel XVI secolo nelle mura cittadine. Ai margini meridionali si trovava il Ponte della Giudecca e poco distante la chiesa di S. Filippo Neri, dietro la quale si trovava la sinagoga. Questa, secondo una leggenda diffusasi nel Seicento, nel 1347 sarebbe stata trasformata nella chiesa della Candeloja (poi demolita) per punire gli ebrei accusati di omicidio rituale. In quell’occasione alcuni ebrei furono decapitati e le loro teste lasciate in esposizione. Con tale fantasioso evento eruditi locali spiegavano l’esistenza di una lapide, murata poi sulla facciata del Duomo dopo la espulsione. La sinagoga, forse in origine moschea, fu visitata e descritta da Ovadià da Bertinoro nel 1487. Una porta medievale era denominata della Giudecca.
Il terremoto del 1908 ha completamente distrutto la città medievale e tutti i ricordi ebraici. Rimane solo una lapide sepolcrale alla Biblioteca Painiana – Seminario arcivescovile S. Pio X (via Seminario, Rione Giostra, info: http://www.seminariomessina.it/generiche/biblioteca/it/biblioteca.html) che proviene da Roma e ricorda un certo Samuele Finzi. Fu acquistata da Mons. Paino negli anni Trenta in vista della costituzione di un museo di antichità ebraiche.
Una lapide di marmo bianco incisa in giudeo-arabo è tutto quanto rimane della sinagoga di Messina. La si può vedere su richiesta al Museo regionale di Messina (viale della Libertà 465, tel. +39 090 361292, info e contatti: http://www.museionline.info/musei/museo-regionale-interdisciplinare). Infine, una lapide affissa negli anni Settanta dall’Università ricorda che dove si trova oggi il Rettorato era nel Medioevo la strada della sinagoga.
Sulla facciata del Duomo è ancora murata l’iscrizione (pressoché illeggibile) “Signum Perfidorum Iudaeorum”, corredata di un inserto di marmo rosso che doveva ricordare agli ebrei l’obbligo della rotella rossa.