Nel luglio 1547 due ebrei chiedevano ed ottenevano il permesso di stabilirsi a Cherasco. Intorno ad essi si costituì il nucleo ebraico della cittadina che non fu mai particolarmente numeroso.
L’obbligo del ghetto, istituito nei territori sabaudi già dal 1723, dovette essere ribadito dal re Vittorio Amedeo II nelle Costituzioni del 1729. L’anno seguente, la popolazione ebraica di Cherasco, insieme a quella di Alba, fu costretta a trasferirsi nel caseggiato in angolo fra via Marconi e via Vittorio Emanuele. Sulle corti interne, un sistema di scale e ballatoi in legno disimpegnava i diversi locali, ricavati dal riadattamento di un preesistente palazzo unifamiliare. Nel 1761 vi abitavano 51 persone.
Sotto la dominazione napoleonica gli ebrei conobbero una prima stagione di uguaglianza sociale. Molti si stabilirono fuori dal ghetto in dimore più agiate; alcuni avviarono nelle campagne attività di filatura della seta e nuovi commerci di tessuti. Abramo De Benedetti sedette in Consiglio comunale, dopo che insieme al fratello Donato era già figurato fra i maggiori contribuenti del Comune.
Con la Restaurazione non fu possibile ripristinare in forma completa le originarie condizioni di segregazione. Fra provvedimenti restrittivi inapplicati e concessioni di privilegi, la comunità viveva ormai integrata nel tessuto sociale cittadino. I Regi Decreti del 1848 emanciparono definitivamente gli ebrei del Piemonte; di alcuni si ricorda l’importante contributo allo sviluppo della città. Lo spostamento verso centri maggiori ha tuttavia gradualmente ridotto la Comunità che già nel 1857 veniva accorpata a quella di Cuneo e successivamente a quella di Torino.
via Marconi / via Vittorio Emanuele