Nel 1555, con la bolla “Cum nimis absurdum” (“È davvero assurdo”), papa Paolo IV istituiva il ghetto. Quasi duemila ebrei – destinati ad aumentare sino a cinquemila nell’Ottocento – furono segregati nella malsana area approssimativamente compresa fra le attuali via del Portico d’Ottavia, piazza delle Cinque Scole e il Tevere, alle cui esondazioni era di continuo soggetta.
Assai poco rimane visibile dell’originaria struttura del quartiere, fitta e stratificata: dopo la definitiva liberazione del 1870, un piano di risanamento della città capitale ne imponeva un radicale sventramento e la riedificazione in quattro grandi isolati moderni.
Già dal XIII secolo numerosi gruppi di ebrei si erano stabiliti nel rione Sant’Angelo, attratti dalla vocazione artigiana e commerciale della zona.
Lo spazio del ghetto fu più volte ampliato giungendo ad avere, nel Settecento, cinque portoni. Pressappoco fra le attuali via del Portico d’Ottavia e piazza delle Cinque Scole si apriva la piazza Giudea, nella quale si svolgevano le principali attività consentite (il prestito di denaro e il commercio di oggetti usati, in particolare i tessuti).
Sulla piazza delle Cinque Scole, all’altezza dell’attuale civico 37, sorgeva l’edificio delle Cinque Scole, demolito fra il 1908 e il 1910. Secondo le disposizioni papali, un solo edificio aveva dovuto raggruppare le sinagoghe dei diversi gruppi di ebrei presenti a Roma, concentrando cinque sinagoghe legate a diverse tradizioni.
Il ghetto fu demolito tra il 1886 e il 1904 in base al piano regolatore di Roma Capitale del 1873. L’area in cui per tre secoli ebbe sede rimane tuttora il cuore della vita ebraica romana.
Visite guidate su prenotazione a cura del Museo Ebraico di Roma.
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