Fonti indirette datano le prime tracce di presenza ebraica a Verona prima del X secolo. Negli anni successivi, la città fu centro vitale negli studi ebraici, ospitando personalità di grande rilievo. Il governo della Serenissima ribadì nel 1408 il permesso di residenza, vincolato all’esercizio dell’attività feneratizia; al gruppo veniva assegnato un quartiere prossimo a Piazza delle Erbe. Il corso del Cinquecento segnò un periodo relativamente prospero: la comunità (circa quattrocento individui) aveva assorbito numerosi ebrei provenienti dalla regione tedesca ed aveva esteso le sua attività ai commerci e alla sartoria, distribuendosi in diverse zone della città. La reclusione nel ghetto giunse nel 1600 per volontà del vescovo Agostino Valier, come reazione all’eccessiva promiscuità che si era creata con lo sviluppo delle imprese ebraiche. L’area del ghetto, fra le attuali vie Pellicciai e Mazzini, dovette presto essere ampliata a causa di successive ondate migratorie di ebrei sefarditi provenienti da Venezia e marrani in fuga dall’Inquisizione, da tutta Europa. Nel caseggiato aggiunto, che prendeva il nome di Ghetto Nuovo, essi diedero vita ad una nuova comunità, con un proprio oratorio.
I portoni del ghetto furono demoliti all’ingresso delle truppe napoleoniche nel 1796. Sotto la dominazione austriaca non furono ripristinati, ma soltanto con l’annessione al regno di Italia (1866) si ebbe la piena equiparazione sociale.
Dell’antico ghetto rimangono tuttora visibili soltanto poche tracce, scampate agli interventi di risanamento urbano operati sull’area negli anni ’20 del Novecento. Fra queste, le case torre – tipiche dell’edilizia di ghetto – in angolo fra piazza delle Erbe e via Mazzini.
Vie Pellicciai, Mazzini, San Rocchetto, piazza delle Erbe