La
sinagoga levantina di Ancona sorge oggi in un edificio appositamente realizzato nel 1876, nel tessuto dell’antico
ghetto. La sede storica, affacciata sul porto, fu fatta demolire dall’autorità pontificia nel 1860, poco prima che la città fosse annessa al Regno d’Italia. La conosciamo attraverso il dettagliato rilievo che la Comunità ne fece fare alla vigilia del trasferimento. La sinagoga era stata voluta nel XVI secolo dal rabbino Mosè Basola (1480-1560), in un contesto di particolare fervore della comunità spagnola-levantina. Nel nuovo edificio gli arredi furono inizialmente ricollocati secondo la disposizione originaria, di tipo bifocale. Dalla parte dell’ingresso, dominava lo spazio una
tevah rialzata di circa due metri e mezzo, successivamente rimossa; sulla parete opposta, si trova tuttora un monumentale
aron di gusto barocco in legno dorato e laccato a effetto marmo, ritmato da dieci colonne e sormontato da una cupola a cipolla; lo scomparto per i Rotoli ha pregiate ante in argento sbalzato. Le sedute per il pubblico si trovavano in origine contro le pareti e lungo l’asse centrale, disposte in panche doppie di spalle l’una all’altra. A ridosso della seconda guerra mondiale la distribuzione degli arredi fu riconfigurata secondo il modello di molte sinagoghe degli anni dell’emancipazione, a loro volta assimilate alle chiese cattoliche. La
tevah veniva così ricollocata davanti all’
aron, entro un’unica area cinta da una balaustra. I banchi per il pubblico furono ridisposti in file parallele rivolte a quest’area. Lungo la parete destra, fra le grate che schermavano il matroneo nell’antica sede, è stato inserito nel 1970 il parapetto appartenuto alla
tevah della
sinagoga sefardita di Pesaro.